PMI tra le “onde” | Come mantenere la rotta?

Lunedì 28 maggio, ore 16,00, si è svolta l’Assemblea della Poccola Industria di Confindustria Bergamo. Sono intervenuti tra  gli altri  Enzo Rullani, il professore di Economia della Conoscenza e di Strategie di impresa a Venezia e il famoso Oscar Giannino, giornalista che si occupa di economia, oltre a diversi altri.

Gli interventi hanno suscitato emozioni altalenanti  nei partecipanti, tutti piccoli e medi imprenditori del Nord Italia. Rullani ha messo in evidenza il cambiamento e la necessità per le imprese di gestire velocemente il passaggio dal locale al globale e dalla cultura del materiale a quella dell’immateriale. In sostanza l’innovazione determina lo sviluppo di prodotti e servizi ai quali si deve attribuire un valore d’uso e metterlo in mostra, ma oggi tutto ciò  non basta. Il valore aggiunto arriva dai significati che sono in grado di attribuire a quello che faccio, al di là del bisogno che la mia produzione riesce a  soddisfare.  E il significato va ricercato  in un senso più ampio che abbracci  il campo del  “senso della vita”.  Dice con chiarezza Rullani che ciò che esce dalle macchine non crea profitto, ma lo crea tutto quello che viene realizzato dai cervelli, dalle persone, dalla più volte citata CONOSCENZA GENERATIVA. Dobbiamo  avere  in casa questo tipo di conoscenza e, se non basta quella immessa dall’imprenditore, è necessario cercarla altrove perché la partita per le imprese dell’Europa  si gioca su questo fronte.

Seconda fase dell’incontro: Oscar Giannino, vestito di rosso fuoco, dalla testa ai piedi. Giannino è stato come sempre chiarissimo e allo stesso tempo catastrofico. Ha messo in evidenza il pericolo di sopravvivenza del sistema Italia legato strettamente alla crisi del mondo bancario e al buco nero del sistema pubblico e dello stato nel suo complesso. Lo Stato,  secondo Giannino è la vera causa della situazione  nella quale siamo finiti e rimanda il momento della verità per l’Italia e per il futuro della sua economia alle elezioni di giugno in Grecia.  Difficile commentare due momenti di tale intensità, uno  motivazional/cambiamento/sviluppo l’altro radical/antipolitico/antiburocratico. Il momento è realmente difficile e le imprese, tutte, lo hanno “urlato”. Lo spaesamento è figlio dell’incertezza e le aziende mai come oggi faticano a trovare certezze e supporti.

Rullani  presenta la metafora  del surf: in questo momento di paura per il movimento del mare, è importante comprendere che l’energia per la rinascita è proprio dentro l’onda e l’impresa deve riuscire a cavalcarla, non finirci dentro.

3 thoughts on “PMI tra le “onde” | Come mantenere la rotta?

  1. Francesca

    Stimolante ma non facile. Credo sia importante cercare di far emergere elementi concreti in grado di ridurre un pò questa paura e idea di catastrofe. Non siamo aiutati dallo Stato e nemmeno dai Media, troppa confusione e troppi pensieri contrastanti che non facilitano la comprensione dello scenario.
    Conoscenza, visione, entusiasmo, competizione, metodo… alcuni degli ingredienti per cavalcare l’onda..

  2. Elena Cortesi

    Sicuramante è necessario, come sostenuto da Rullani, porre maggior attenzione sugli elementi “immateriali” che possono conferire ai prodotti e servizi delle imprese, quel “valore aggiunto” che consente di continuare ad essere competitive sul mercato e di affrontare i “nuovi” concorrenti provenienti soprattutto dall’Estermo Oriente.

    Per fare tutto ciò investiamo sia a livello di singola impresa che di “sistema paese” nello sviluppo di una conoscenza generativa che può venire sia dall’interno delle aziende che dall’esterno…i “cervelli” su cui puntare si possono anche cercare all’interno di alcune università, centri di ricerca o società specializzate nell’analisi di mercato e nello sviluppo di nuove “soluzioni” e strade / strategie per afforntarlo anche in un’ottica internazionale.

  3. Serena

    Sono d’accordo quando si attribuiscono gran parte delle colpe allo Stato e al sistema in generale… tuttavia credo non sia la ricerca del capro espiatorio a farci uscire dal baratro, ma la valorizzare del capitale umano in generale. Una formazione più internazionale ed esperienze obbligatorie all’estero, servirebbero forse a formare mentalità più elastiche e meno timorose del cambiamento.

Post Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Search